3I/ATLAS: la cometa interstellare che fa tanto parlare di sé
Un oggetto misterioso venuto da un altro sistema stellare sta attraversando il nostro cielo: è la cometa interstellare 3I/ATLAS. Scoperta nel 2025, sta sorprendendo gli scienziati per le sue anomalie: tra accelerazioni impreviste, getti multipli e uno strano bagliore blu. Alcuni, come l’astrofisico Avi Loeb, ipotizzano persino che possa trattarsi di un oggetto artificiale. In questo articolo esploriamo cosa sappiamo davvero, cosa pensano gli esperti e perché questa cometa potrebbe cambiare per sempre il nostro modo di guardare l’universo.
11/10/202511 min read


Sommario
Introduzione
Origini e scoperta di 3I/ATLAS
Caratteristiche e osservazioni scientifiche
Perché 3I/ATLAS sta facendo discutere
L’ipotesi di un’origine artificiale aliena
Cosa ne pensa la comunità scientifica?
E quindi?
Introduzione
La cometa interstellare 3I/ATLAS è recentemente diventata protagonista nelle notizie astronomiche. Scoperta nel luglio 2025, è soltanto il terzo oggetto proveniente da fuori del Sistema Solare mai osservato da vicino. Questo misterioso visitatore sta affascinando sia gli scienziati che il pubblico, per le informazioni che ci sta rivelando e per alcuni comportamenti anomali che hanno alimentato ipotesi curiose. Vediamo le origini di 3I/ATLAS, cosa abbiamo scoperto su di lei e perché se ne parla così tanto, inclusa la domanda più intrigante: è davvero solo una cometa naturale o potrebbe nascondere un’origine artificiale extraterrestre?
Origini e scoperta di 3I/ATLAS
3I/ATLAS è stata avvistata per la prima volta il 1º luglio 2025 dal telescopio del progetto ATLAS in Cile, nell’ambito della ricerca di asteroidi per la difesa planetaria. Il nuovo oggetto è apparso subito insolito: la sua traiettoria iperbolica indicava che proveniva dallo spazio interstellare, ossia al di fuori del nostro Sistema Solare. Arrivava dalla direzione della costellazione del Sagittario e al momento della scoperta distava circa 670 milioni di chilometri dalla Terra. Una volta calcolata l’orbita, l’Unione Astronomica Internazionale lo ha ufficialmente battezzato 3I/ATLAS, dove "3I" denota il terzo oggetto interstellare identificato (i primi due furono il celebre 1I/ʻOumuamua nel 2017 e 2I/Borisov nel 2019).
Fin da subito è stato chiaro che 3I/ATLAS era un visitatore di passaggio: seguendo un percorso iperbolico aperto, dopo il suo passaggio intorno al Sole uscirà nuovamente dal nostro Sistema Solare. Fortunatamente, la cometa non si avvicinerà mai troppo a noi: il punto di minima distanza dalla Terra sarà di circa 1,8 unità astronomiche (oltre 270 milioni di km), quindi nessuna minaccia di impatto. Anche al perielio (il punto di massimo avvicinamento al Sole), raggiunto a fine ottobre 2025, 3I/ATLAS è passata a circa 1,36 UA dal Sole – grosso modo tra le orbite della Terra e di Marte.
Caratteristiche e osservazioni scientifiche
Gli astronomi hanno rapidamente confermato che 3I/ATLAS si comporta come una cometa attiva: il calore del Sole riscalda il suo nucleo ghiacciato, provocando la sublimazione dei ghiacci e l’emissione di getti di gas e polveri che formano una chioma nebulosa (coma) attorno al nucleo. Immagini telescopiche scattate tra luglio e agosto 2025 mostrano infatti un oggetto diffuso e circondato da una tenue coda di materiale. In questa foto, ripresa dall’Osservatorio Gemini South in Cile ad agosto 2025, 3I/ATLAS appare come una macchia luminosa con una chioma estesa e un accenno di coda, segno dell’attività cometaria in corso.
Gli strumenti hanno iniziato a svelare la composizione di questo corpo interstellare. Le osservazioni del telescopio spaziale Hubble suggeriscono che il nucleo solido di 3I/ATLAS sia relativamente piccolo – probabilmente inferiore a 1 km di diametro. Intorno ad esso si estende una chioma enorme, ricca di gas: dati del telescopio James Webb hanno rivelato un’abbondanza insolitamente alta di anidride carbonica (CO₂), con quantità minori di acqua ghiacciata e vapore acqueo, monossido di carbonio (CO) e solfuro di carbonile. Inoltre, come per molte comete "nostrane", sono stati rilevati gas come il cianuro (CN) e persino tracce di nichel in forma gassosa, in concentrazioni simili a quelle osservate nelle comete del Sistema Solare. Queste misurazioni indicano che, chimicamente parlando, 3I/ATLAS è del tutto simile a una normale cometa, espellendo vapori di sostanze volatili e polveri man mano che si avvicina al Sole.
Un altro aspetto notevole è l’età possibile di questo oggetto. L’analisi della sua orbita suggerisce che 3I/ATLAS provenga da una regione remota della nostra galassia (forse dal disco galattico spesso) e potrebbe essere molto antica. Uno studio preliminare ha ipotizzato che potrebbe avere circa 3 miliardi di anni in più del Sistema Solare – candidandola come la cometa più vecchia che abbiamo mai osservato. Durante il suo vagare millenario nello spazio interstellare, la cometa avrebbe subito una forte esposizione a raggi cosmici: si pensa che ciò abbia formato una crosta superficiale irraggiata che ne altera l’aspetto e la composizione esterna. In pratica, 3I/ATLAS potrebbe star rilasciando ora materiali “invecchiati” dalla radiazione cosmica, rendendo più difficile per gli scienziati capire com’era originariamente quando si trovava nel suo sistema stellare di provenienza.
Va detto che, nonostante l’attenzione mediatica, 3I/ATLAS non diventerà mai abbastanza brillante da essere visibile a occhio nudo o con piccoli strumenti amatoriali. È rimasta un bersaglio per telescopi professionali: dopo la scoperta estiva, la cometa è stata osservata fino a settembre 2025, dopodiché la sua congiunzione col Sole (passando dietro il Sole rispetto alla Terra) l’ha resa inosservabile per qualche settimana. Il 29 ottobre 2025 ha raggiunto il perielio (punto più vicino al Sole) ed è diventata molto attiva. Terminato il passaggio ravvicinato al Sole, 3I/ATLAS è ricomparsa nel cielo terrestre ai primi di novembre 2025, tornando osservabile poco prima dell’alba. Gli astronomi prevedono che l’11 novembre 2025 la cometa sia nuovamente individuabile nel cielo del mattino (sebbene ancora troppo fioca per essere vista senza potenti telescopi). Il suo massimo avvicinamento alla Terra avverrà il 19 dicembre 2025 (comunque a circa 1,5 UA di distanza, ben oltre l’orbita di Marte). Questa finestra tra novembre e dicembre 2025 è cruciale: i ricercatori di tutto il mondo stanno raccogliendo dati che aiuteranno a chiarire la natura e l’origine di questo raro visitatore interstellare.
Perché 3I/ATLAS sta facendo discutere
Oltre al suo rarissimo status interstellare (solo tre oggetti del genere finora nella storia), 3I/ATLAS ha attirato l’attenzione per una serie di comportamenti peculiari osservati durante il suo passaggio. In particolare, alcuni aspetti insoliti hanno suscitato domande e dibattiti tra gli esperti e curiosità nel pubblico:
Coda invisibile: nelle fotografie telescopiche dopo il perielio, 3I/ATLAS è apparsa priva della classica coda cometaria evidente. Le immagini mostravano essenzialmente una macchia di luce tondeggiante (la chioma) senza una scia pronunciata, un fatto sorprendente dato che la cometa era passata abbastanza vicina al Sole da sublimare abbondante materiale.
Accelerazione anomala: gli astronomi hanno misurato una lieve variazione non spiegabile dalla sola gravità nella traiettoria di 3I/ATLAS. In altri termini, l’oggetto ha mostrato una piccola “accelerazione non gravitazionale” durante il suo passaggio al perielio, suggerendo che qualche forza aggiuntiva (ad esempio i getti di gas) abbia inciso sul suo moto.
Bagliore bluastro insolito: dopo il passaggio ravvicinato al Sole, la cometa ha presentato un colore insolitamente blu nella sua luce. Lo spettro di 3I/ATLAS è risultato più spostato verso lunghezze d’onda corte (blu/verde) rispetto al tipico giallo-biancastro delle chiome cometarie, un fenomeno definito “più blu del Sole” dagli osservatori. Questo comportamento cromatico anomalo è stato riportato da misurazioni al telescopio e non è comune per le comete standard.
Getti multipli e “anticoda”: nuove immagini ad alta risoluzione hanno rivelato che il nucleo di 3I/ATLAS emetteva numerosi getti di gas e polveri, almeno sette distinti, alcuni dei quali diretti verso il Sole (le cosiddette anticode) invece che allontanarsi da esso. Questa complessa struttura di getti simultanei è apparsa insolita e ha fatto ipotizzare che il corpo cometario potesse avere eruzioni localizzate molto particolari.
Questi elementi – assenza di una coda evidente, cambiamenti di rotta, colore atipico e getti multipli – hanno alimentato molte discussioni. Da un lato, sono caratteristiche intriganti che gli astronomi stessi stanno cercando di spiegare; dall’altro, la loro combinazione, unita al fatto che stiamo parlando di un oggetto proveniente da un altro sistema stellare, ha scatenato speculazioni anche fuori dal mondo accademico. Sui social media e su alcuni blog, 3I/ATLAS è stata al centro di teorie suggestive: c’è chi si è chiesto se non potesse trattarsi di un velivolo extraterrestre, un oggetto artificiale camuffato da cometa. Il clamore attorno a questa idea è cresciuto al punto che alcuni scienziati hanno dovuto ribadire che l’oggetto mostra comportamenti da cometa “attiva” e non da astronave. In altre parole, per quanto affascinante sia la speculazione aliena, 3I/ATLAS è prima di tutto un oggetto scientificamente interessante di per sé: un’autentica “capsula del tempo” antichissima proveniente da un altro sistema stellare, che può rivelarci informazioni sull’ambiente da cui proviene.
L’ipotesi di un’origine artificiale aliena
Nonostante il consenso generale sia che 3I/ATLAS sia una cometa naturale, l’idea di una possibile origine artificiale – ovvero che possa trattarsi di una sorta di sonda aliena o manufatto extraterrestre – è stata presa in considerazione come ipotesi estrema da almeno una parte della comunità scientifica. In particolare, l’astrofisico Avi Loeb dell’Università di Harvard, noto per la sua apertura a spiegazioni non convenzionali, ha evidenziato come le anomalie osservate potrebbero, in linea teorica, essere interpretate come indizi di tecnologia avanzata.
Loeb ha fatto notare, ad esempio, che i getti multipli di gas rilevati su 3I/ATLAS potrebbero essere assimilati a propulsori: in un suo articolo ha scritto che i getti ricordano quelli “di un set di thruster utilizzati per la navigazione di un’astronave”. Naturalmente, ammette lo stesso Loeb, esiste anche una spiegazione più semplice e terrestre: i getti potrebbero originarsi da sacche di ghiaccio che, scaldandosi al Sole, sublimano in diversi punti della superficie del nucleo naturale. Per distinguere le due cose, Loeb propone di misurare con precisione la velocità di uscita, la portata di massa e la composizione di questi getti durante le osservazioni in corso. Se tali parametri risultassero incompatibili con processi cometari (ad esempio mostrando una spinta coordinata troppo calibrata per essere casuale, o emissioni di gas inconsueti), allora si potrebbe parlare di un vero “motore”. In effetti, in un recente paper, Loeb ha suggerito che la combinazione di accelerazione anomala osservata e del bagliore blu inusuale potrebbe costituire la “firma tecnologica di un motore interno” al corpo – in pratica, che 3I/ATLAS possa essere una sorta di veicolo a propulsione camuffato da cometa.
Un altro elemento curioso portato all’attenzione da Loeb è la provenienza di 3I/ATLAS. Egli ha sottolineato una coincidenza: l’oggetto è entrato nel Sistema Solare da una zona del cielo molto vicina (entro 9°) alla regione da cui, nel 1977, fu captato il famoso “segnale Wow!”, un segnale radio anomalo e mai spiegato che alcuni hanno speculato potesse avere origine intelligente. Questa vicinanza apparente tra la direzione del segnale radio e la traiettoria di 3I/ATLAS ha portato Loeb a chiedersi provocatoriamente se i due fenomeni potessero essere correlati. Anche se la maggior parte degli scienziati ritiene si tratti di un semplice caso fortuito, il parallelismo ha aggiunto fascino alla narrazione di 3I/ATLAS come possibile messaggero alieno.
Va ribadito che l’ipotesi extraterrestre, per quanto intrigante, rimane al momento speculativa. Loeb stesso la presenta come congettura da verificare, non come conclusione definitiva. Il suo intento dichiarato è quello di stimolare la raccolta di nuovi dati di alta qualità sugli oggetti interstellari, mantenendo apertura mentale di fronte a fenomeni inaspettati. Non a caso, Loeb guida anche il Galileo Project, un’iniziativa che mira proprio a cercare possibili segni di tecnologia aliena nei dati astronomici. Di fronte a 3I/ATLAS, Loeb invita a “essere curiosi” e a non scartare l’ipotesi artificiale finché tutte le anomalie non abbiano una spiegazione naturale convincente. Con un pizzico di ironia, ha persino commentato la coincidenza del passaggio natalizio di 3I/ATLAS dicendo: “speriamo di non ricevere regali indesiderati da 3I/ATLAS durante le feste” – alludendo al fatto che, se fosse davvero un oggetto controllato da un’altra civiltà, non possiamo sapere con quali intenti si stia avvicinando al nostro sistema (battuta che sottolinea in modo giocoso anche un’ombra di timore).
Cosa ne pensa la comunità scientifica?
L’idea di una sonda aliena naturalmente ha fatto sensazione, ma cosa ne pensano gli scienziati in generale? Il consenso prevalente tra gli astronomi è che 3I/ATLAS sia molto probabilmente una cometa naturale, formatasi in un altro sistema stellare in circostanze magari diverse da quelle delle nostre comete, ma non un oggetto artificiale. Gli esperti sottolineano che è importante partire dall’ipotesi più semplice (origine naturale) e considerare spiegazioni straordinarie solo se i dati lo richiedono in modo chiaro. Come ha dichiarato il professor Ken Gayley (astronomo presso l’Università dell’Iowa): “Iniziamo sempre con l’assunzione che siano oggetti naturali e li studiamo come tali. Solo se emergesse un’evidenza davvero molto forte che non lo sono, allora prenderemmo in considerazione un’altra direzione”. Ad oggi, aggiunge Gayley, ci sono molti indizi che 3I/ATLAS possa essere spiegata completamente come oggetto naturale.
In effetti, le anomalie di 3I/ATLAS possono trovare spiegazioni nell’ambito della cometologia tradizionale, senza scomodare tecnologie aliene. Ad esempio, la “assenza” di coda nelle immagini post-perielio è in realtà un effetto di prospettiva: come spiega il ricercatore Qicheng Zhang, in quelle foto stavamo vedendo la coda quasi di fronte, allineata dietro la chioma, risultando dunque poco distinguibile come scia laterale. Guardando attentamente, l’immagine mostrava un lato della chioma un po’ più luminoso, segno che una coda di polveri era presente ma rivolta quasi direttamente dietro al nucleo rispetto alla nostra visuale. In altre parole, la coda c’era eccome, solo nascosta dietro la chioma – niente di misterioso.
Anche il colore verde-azzurro della chioma ha una spiegazione chimico-fisica ben nota: molte comete, man mano che si avvicinano al Sole, sviluppano emissioni verdi dovute al gas carbonio diatomico (C₂) presente nella chioma. I raggi ultravioletti del Sole spezzano molecole organiche contenenti carbonio nella cometa, e una delle “frammentazioni” comuni sono coppie di atomi di carbonio che emettono luce verde brillante. Questo fenomeno fa letteralmente “brillare di verde” la chioma; a occhio nudo spesso non ce ne accorgiamo, ma attraverso filtri astronomici il colore diventa evidente. 3I/ATLAS non fa eccezione: il suo bagliore verde (che nelle foto può apparire azzurrato) indica proprio la presenza di carbonio biatomico e altri frammenti molecolari carboniosi prodotti dal Sole, analogamente a quanto visto in molte comete periodiche del nostro Sistema Solare. Dunque, un chiaro segnale di processi naturali in atto.
La leggera accelerazione non gravitazionale rilevata nel moto di 3I/ATLAS trova anch’essa riscontro nei comportamenti attesi di una cometa attiva. Quando il nucleo rilascia gas in pressione (come un “getto” da una bombola), la cometa riceve una piccola spinta in direzione opposta. Questi “colpi di razzo” naturali sono stati osservati in varie comete, e persino i due precedenti oggetti interstellari (ʻOumuamua e Borisov) hanno mostrato indicazioni di spinte non gravitazionali dovute probabilmente al degassamento. Nel caso di 3I/ATLAS, la perdita di massa avvenuta attorno al perielio – si stima abbia espulso oltre il 10% della propria massa durante il passaggio vicino al Sole – e il conseguente aumento di luminosità indicano un’intensa attività di outgassing, perfettamente in grado di giustificare la piccola variazione orbitale misurata. In sostanza, nessuna “manovra” artificiale, ma la normale fisica cometaria che si manifesta.
Anche la presenza dei molteplici getti osservati non richiede necessariamente la mano di ET. È noto che i nuclei cometari spesso non sublimano in modo uniforme: possono avere regioni ricche di ghiacci volatili e altre più inerti. Quando più “sacche di ghiaccio” presenti in punti diversi iniziano a sublimare contemporaneamente, si formano getti distinti di gas/polveri. In 3I/ATLAS evidentemente diverse regioni della superficie si sono attivate in parallelo, producendo le numerose fontane rilevate – un fenomeno straordinario da vedere, ma comunque naturale. L’orientamento di alcune di esse “in avanti” (anticoda verso il Sole) potrebbe dipendere dalla dinamica delle particelle di polvere nel campo magnetico solare o da particolari geometrie orbitali, fattori studiati anche per altre comete con anticoda in passato.
Infine, tutte le misurazioni raccolte finora rafforzano l’interpretazione naturale. I gas emessi da 3I/ATLAS, come già accennato, includono composti (acqua, anidride carbonica, cianuri, ecc.) che ci aspettiamo da una cometa. Persino la rilevazione di atomi pesanti come il nichel nel gas cometario – inizialmente sorprendente – è risultata simile a quanto già scoperto in altre comete del Sistema Solare (recenti studi hanno trovato tracce di metalli come nichel e ferro nelle code di diverse comete). Nulla, finora, suggerisce inequivocabilmente una tecnologia avanzata. Come ha riassunto il prof. Gayley, “ci sono tante evidenze che questi oggetti possano essere del tutto naturali”, e la spiegazione più straordinaria (l’astronave aliena) va considerata solo se e quando dovesse emergere prova solida a suo supporto.
E quindi?
3I/ATLAS rimane un oggetto eccezionale e prezioso per la scienza, indipendentemente dalla sua natura ultima. È un raro messaggero da un altro sistema stellare, un frammento forse di pianeti o comete di lontane stelle, che porta con sé informazioni uniche. Gli scienziati di tutto il mondo sono impegnati ad osservarlo con ogni mezzo disponibile: telescopi sulla Terra, telescopi spaziali e persino sonde orbitanti (come il Mars Express dell’ESA, che lo ha fotografato durante la congiunzione solare). Queste osservazioni continue ci aiuteranno a capire meglio la composizione e il comportamento di 3I/ATLAS, arricchendo le nostre conoscenze sui materiali presenti in altri sistemi planetari.
Nel mese di dicembre 2025, con il passaggio ravvicinato (seppur a distanza di sicurezza) di 3I/ATLAS, ci si attendono ulteriori dati e, chissà, magari qualche sorpresa finale. Se alla fine risulterà essere “solo” una cometa– seppur la più antica e particolare mai vista– avremo comunque avuto la straordinaria opportunità di studiare da vicino un reperto cosmico formatosi attorno a un altro sole. Se invece dovesse davvero emergere un qualche segnale di manifattura aliena, beh, sarebbe una scoperta che rivoluzionerebbe la nostra visione del cosmo. In entrambi i casi, 3I/ATLAS ha già raggiunto un risultato importante: ha acceso l’entusiasmo e la curiosità di milioni di persone, ricordandoci quanto sia vasta e sorprendente la frontiera dell’esplorazione spaziale – dove anche una “semplice” cometa può farci sognare e discutere del possibile incontro con altre civiltà.
