Analisi del Conflitto Russo-Ucraino e il "Piano Trump"
A quattro anni dall'invasione, il conflitto russo-ucraino entra nella sua fase decisiva. Tra l'offensiva russa su Pokrovsk e i negoziati frenetici dell'amministrazione Trump, analizziamo lo scenario del novembre 2025. I dettagli del piano di pace a 19 punti, il ruolo dell'Europa e il rischio di una nuova "Monaco": cosa succederà quando la diplomazia incontrerà la dura realtà del campo di battaglia?
11/26/20254 min read


Sommario
Cosa sta succedendo?
La realtà cinetica come leva negoziale
L'architettura del "Piano Trump": Dai 28 ai 19 punti
La variabile Europea e il calcolo del cremlino
Tre scenari per il futuro
Cosa sta succedendo?
Il 26 novembre 2025 segna uno spartiacque nella storia europea. Le placche tettoniche della geopolitica si sono scontrate con una violenza rara: a quasi quattro anni dall'inizio dell'invasione russa, il conflitto è entrato in una fase critica che gli storici potrebbero ricordare come "L'Inverno della Decisione". Non siamo più di fronte a una guerra d'attrito statica, ma a una crisi simultanea, militare, politica ed esistenziale, che lega Washington, Mosca, Kiev e Bruxelles.
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha agito da catalizzatore, trasformando il conflitto congelato in un processo diplomatico frenetico e transazionale. La promessa di "chiudere la guerra in 24 ore" si è scontrata con la realtà, evolvendosi in un negoziato complesso fatto di ultimatum e canali segreti. Sebbene la scadenza del Giorno del Ringraziamento, inizialmente imposta come una spada di Damocle su Kiev, sia stata ritirata all'ultimo minuto, l'architettura di pressione rimane intatta. Questa analisi esplora la situazione alle ore 16:00 del 26 novembre 2025: dalle trincee di Pokrovsk ai tavoli di Ginevra, fino alle missioni ombra ad Abu Dhabi.
La realtà cinetica come leva negoziale
La diplomazia non avviene nel vuoto; è la continuazione della guerra. E nel novembre 2025, la guerra parla una lingua dura per l'Ucraina. La battaglia per Pokrovsk è il fulcro della campagna autunnale russa. Un tempo nodo logistico vitale, la città è diventata simbolo della dottrina russa di "saturazione e infiltrazione". C'è una profonda nebbia di guerra: mentre i blogger russi proclamano la caduta della città con video di soldati nelle periferie, l'Institute for the Study of War (ISW) stima che i russi controllino circa il 46% dell'area urbana e il 10% della vicina Myrnohrad. Non una conquista totale, ma una penetrazione che ha strangolato la logistica ucraina. I russi hanno adattato le tattiche: abbandonate le grandi colonne vulnerabili, usano infiltrazioni "molecolari" di fanteria, sfruttando nebbia e pioggia per occupare edifici e costringere gli ucraini a sanguinosi combattimenti ravvicinati.
La situazione è critica anche altrove. A Nord, nel settore di Kupyansk, rapporti indicano infiltrazioni russe che minacciano di riportare la città, liberata nel 2022, sotto il controllo di Mosca, riaprendo la via per Kharkiv. A Sud, nel settore di Zaporizhzhia, i russi consolidano posizioni approfittando dello spostamento delle riserve ucraine, mentre continuano a martellare le infrastrutture energetiche civili per massimizzare la pressione psicologica durante i negoziati.
L'architettura del "Piano Trump": dai 28 ai 19 punti
L'iniziativa americana non nasce al Dipartimento di Stato, ma da canali non ufficiali gestiti da fedelissimi di Trump come Steve Witkoff. Intercettazioni di ottobre hanno rivelato contatti diretti tra Witkoff e il Cremlino (in particolare con Yuri Ushakov e Kirill Dmitriev) per elaborare una bozza che fosse "vendibile" a Trump.
Il risultato iniziale è stata una bozza di 28 punti, descritta da molti come una capitolazione per Kiev: ritiro totale dal Donbass (anche dalle aree libere), congelamento del fronte Sud, divieto costituzionale di adesione alla NATO, un tetto di 600.000 uomini per l'esercito ucraino e amnistia per i crimini di guerra. L'ultimatum di accettare entro il 27 novembre, pena il taglio degli aiuti, ha scatenato il panico a Kiev e tensioni tra i repubblicani stessi, con il Segretario di Stato Marco Rubio costretto a mediare.
La svolta è arrivata nel weekend del 23-24 novembre. In un vertice d'emergenza a Ginevra tra Rubio e Andriy Yermak, e attraverso canali paralleli ad Abu Dhabi (dove è stato avvistato il capo dell'intelligence ucraina Kyrylo Budanov), il piano è stato "raffinato" a 19 punti. Le modifiche sono sostanziali:
Territorio: Non più ritiro unilaterale, ma congelamento sulla linea di contatto attuale;
NATO: La questione non è un divieto permanente ma è stata "messa tra parentesi", rinviata a colloqui diretti tra i leader;
Sicurezza: Si parla di un trattato bilaterale USA-Ucraina come surrogato dell'Articolo 5 e il tetto alle forze armate sembra essere stato rimosso o innalzato su richiesta europea;
Giustizia: Le clausole sull'amnistia totale sono state rimosse.
Il 26 novembre, Trump ha ritirato la scadenza brutale, inviando Witkoff a Mosca. L'accordo è vicino, ma Washington ha capito che forzare troppo la mano rischierebbe di far collassare il governo Zelensky.
La variabile Europea e il calcolo del cremlino
L'Europa vive una schizofrenia geopolitica. Di fronte allo shock del piano americano, l'asse E3 (Regno Unito, Francia, Germania) ha presentato una controproposta radicale: forze di interposizione europee lungo il fronte, gestione condivisa della centrale di Zaporizhzhia (sotto l'AIEA) e nessun riconoscimento di cessioni territoriali. Il dibattito nel vecchio continente oscilla tra lo spettro di una nuova "Monaco 1938" e la speranza di un "Modello Coreano" che permetta all'Ucraina di prosperare pur se divisa.
Dall'altra parte, Vladimir Putin affronta un dilemma. Il piano Trump offre una via d'uscita per consolidare le conquiste e salvare l'economia surriscaldata, ma non soddisfa gli obiettivi massimalisti di "denazificazione". Mentre i falchi come Medvedev minacciano l'escalation nucleare e i milbloggers gridano al tradimento temendo una trappola occidentale, Putin adotta una strategia di attesa: intensifica gli attacchi per guadagnare terreno negoziale, sapendo che l'inverno gioca a suo favore nel breve termine.
Un aspetto cruciale rimane l'economia: il piano prevede l'uso dei profitti degli asset russi congelati (300 miliardi $) per la ricostruzione e per rimborsare gli USA, una mossa "America First" che potrebbe creare un precedente finanziario sismico.
Tre scenari per il futuro
Al 26 novembre 2025, il destino del conflitto è sospeso su un abisso. Possiamo ipotizzare tre scenari principali:
L'Accordo dei 19 Punti Zelensky, sotto pressione e con migliori garanzie di sicurezza, accetta il congelamento. La guerra finisce, ma il conflitto continua con altri mezzi in un'Ucraina "fortezza".
Il Collasso dei Negoziati: Le richieste massimaliste russe o l'opposizione interna fanno deragliare tutto. Trump potrebbe abbandonare Kiev o, paradossalmente, reagire con la strategia del "Madman" aumentando gli aiuti per punire Putin.
Il Limbo Invernale: Nessuna firma ufficiale, ma una tregua de facto mentre i combattimenti calano d'intensità e i negoziati si trascinano nel 2026.
Il "Piano Trump" non è una pace giusta, ma una pace imposta dai rapporti di forza. Per l'Ucraina è una scelta tra integrità e sopravvivenza; per l'Europa, la conferma che l'era della sicurezza garantita dagli USA è al tramonto.
